2018

The Recap

Questo 2018 si sta avviando alla conclusione ed è ora di tirare le somme. Complessivamente me la sento di dire che è stato un anno scadente, sotto molti punti di vista, sia da quello video-ludico che cinematografico, ma non solo. Farò qui di seguito un breve resoconto in quella che credo diverrà una rubrica a scadenza annuale. Iniziamo dunque a ripercorrere questo 2018.


Videogiochi

La Next-Gen che non arriva

Non è un argomento di certo fra i più freschi sulla piazza, ma come un pesce, rimasto invenduto a fine giornata al mercato del paese, inizia a puzzare e non si può far finta che non esista; bisogna occuparsene prima o poi, decidendo se farci una zuppa o buttarlo via.

In questo 2018 a mio avviso non sono stati fatti passi in avanti rispetto al 2017. Giochi che presentino particolari innovazioni non se ne sono visti e l’unica luce che ci appare è quella del Ray-Tracing su PC, che se devo essere sincero, tralasciando il fattore estetico, non può considerarsi un passo in avanti dell’industria per motivare una nuova generazione. Sul lato console le domande che sorgono sono più numerose, prima fra tutte: “Dopo l’HDR, i 30 FPS fissi in 4k che cosa vogliono aggiungere? 60 FPS in 4k?”. Certamente è difficile scoprire per la seconda volta l’acqua calda e salvo il mondo VR, oramai sembra che tutto quello che si poteva mettere in piatto è stato servito, lasciando ben pochi assi nella manica dell’industria che però deve guardare oltre per sapersi rinnovare.

Battlefield 5 con Ray-Tracing attivo – DICE 2018

Io personalmente credo che il vero salto di generazione lo si avrà quando si passerà allo streaming di videogiochi, un po’ come visto su Nvidia Shield, solo portato su più ampia scala da Microsoft e da Sony. Certo, se vivete in zone rurali, sperdute e dimenticate da Dio (come una qualsiasi città italiana diversa dalle metropoli) avere una connessione ADSL potrebbe non essere il massimo, se come me vedete la fibra ottica come un sogno lontano, più improbabile che arrivare su Marte entro la fine del millennio. Senza un’infrastruttura adatta questo salto non sarà possibile e questo le case produttrici lo sanno e sono abbastanza convinto che non siano intenzionate a muoversi più rapidamente del mercato e dei consumatori, soprattutto Microsoft che ha tentato questo approccio già un paio di volte, anche con idee valide, ma che hanno guardato troppo in avanti, facendo il passo più lungo della gamba, mentre la gente a stento guarda dove sta mettendo i piedi ora.

Gli approcci che Microsoft e Sony dovrebbero tentare sono estremamente diversi: la prima, come si è già visto all’E3, dovrebbe continuare a calcare la mano sulla quantità (visto che la qualità se l’è presa Sony) e sulla compatibilità del parco titoli su PC. La casa di Redmond vanta l’OS più utilizzato al mondo, il 90% dei computer utilizza Windows, non vedo una buona ragione per non sfruttare questo potenziale. La seconda dovrebbe puntare di più sul settore VR che Microsoft sembra non essere intenzionata ad approfondire, lanciando esclusive per alimentare la miccia che si è accesa oramai da qualche anno nel cuore dei giocatori più facoltosi.

epic failout

Che dire, dopo Red Dead Redemption 2 io avevo già chiuso la rubrica, consacrando la fine dell’anno all’ultimo titolo di casa Rockstar, mettendolo sul podio come la maggior parte dei videogiocatori, blogger e testate di settore. Trovato il “top 2018” mi mancava ancora il “flop 2018”, ma ecco arrivare all’ultimo secondo un colpo di scena che in molti non si aspettavano. Fallout 76.

Incredibile ma vero, ma a distanza di poche settimane l’industria video-ludica ci regala ancora molte sorprese, anche se non di certo positive.

L’acre odore proveniente dal titolo di Bethesda si era già fatto sentire qualche settimana prima del rilascio, con rumors che dipingevano il gioco come “sotto la media” e fra me e me non potei fare a meno di pensare: Bethesda non brilla molto sul lato tecnico e se già nei giochi con la modalità storia fa fatica a realizzare codice stabile, come riuscirà a costruire un’infrastruttura di rete funzionante per far connettere più giocatori assieme?

Il codice di ” The Elder Scrolls Online” non mi sembra un buon punto di partenza, né quello di Fallout 4, legato ad un engine obsoleto che oggi meno di ieri può reggere la concorrenza di Frostbite o Snowdrop. La soluzione più semplice potrebbe essere quella di utilizzare l’engine di id Software (creatrice Wolfenstein e Doom, sussidiaria di Bethesda) l’idTech6, che ha dimostrato bene le sue potenzialità negli ultimi anni.

Che succederà adesso? Bethesda accelererà lo sviluppo di TES 6 cercando di colmare il buco di Fallout 76? Spero di no. Auspico che si prendano molto tempo per analizzare e comprendere bene gli errori commessi, come dovrebbero fare molte tech companies in questo periodo.

FILM

Veniamo ora al succo del discorso. Se nel versante videogiochi i passi avanti si stanno facendo con molta calma ma si fanno, le pellicole invece stanno tornando indietro.

La resurrezione degli anni 80/90

Vi ricordate quel profumo? Quello che si sentiva entrando nei cinema di bassa categoria agli inizi degli anni ’80? Io no, non c’ero ancora, ma mi hanno raccontato di questo mistico aroma che si incontrava entrando in sala. Era l’odore di giovani adolescenti usciti eccitati dopo aver visto “Star Wars”, “Alien”, “Indiana Jones”, “1997 Fuga da NY” o “Blade Runner”… tutti capolavori usciti a distanza talvolta di pochi mesi l’uno dall’altro, diventando poi icone del cinema contemporaneo. C’è da immaginarsi l’amore che un giovane ragazzo di quell’epoca possa aver provato vedendo quelli che oggi non definiamo tranquillamente “capisaldi” della cinematografia. Ma l’amore è spesso illusione e quei giovani teenager degli anni ’80 che oggi sono cresciuti e che hanno magari una famiglia e perché no, anche uno o due bambini, oggi si trovano davanti uno spettacolo di titoli:

STAR WARS 8! BLADE RUNNER 2049, JURASSIC WORLD, ALIEN COVENANT!

Posso solo immaginare il tuffo al cuore provato da molte persone sentendo la notizia che a quarant’anni di distanza qualcuno avrebbe continuato i film visti da giovani. Mentre però i ricordi d’infanzia non sono ancora finiti di scorrere nelle menti di questi padri e queste madri, che magari si sono incontrati proprio sotto uno schermo, il pensiero di condividere tutto questo con i figli arriva in un attimo. Ecco che si cercano su Amazon le collector’s edition, magari in blu-ray, per fare maratona prima di vedere l’inaspettato sequel. Poi, il cinema. Come sarà il film? Sarà strano vedere gli attori così invecchiati? Che storia si saranno inventati? Sarà valso la pena aspettare così tanto per un nuovo film?

La risposta è no.

La resurrezione degli anni 90/2000

Ve lo ricordate il primo “Toy Story”? O “Alla ricerca di Nemo”? E “Gli Incredibili”? Sono i film di quando ero piccolo e questi me li ricordo. Me li porto nel cuore, come “Dumbo” o “Il re leone”. Sono i film che però mi hanno accompagnato nell’infanzia. Li ho amati, guardati e riguardati in VHS e DVD e non ne ero mai sazio. La generazione prima della mia, quella degli anni ’80, oramai era già più cresciuta quando io, poco più ancora che nano da giardino, stavo sul divano di casa a riguardarmi per la terza volta di fila “Alla ricerca di Nemo” sul televisore Mivar 28s5. Anche io, come la generazione di prima, ho lasciato un pezzo di me su quei film, in maniera pressoché identica. Poi un giorno, anche per me arriva la bella notizia: a distanza di anni, usciranno i sequel.

ALLA RICERCA DI DORY! GLI INCREDIBILI 2, TOY STORY 4, DUMBO ED IL RE LEONE IN CG!

Questa volta non devo immaginare nulla. Il tuffo al cuore l’ho provato pure io, ma non è stato piacevole. Da appassionato, anche io da ragazzo mi ero innamorato degli oramai “classici” degli anni ’80 e ’90, e dopo aver comprato i biglietti per quei sequel, uscito certe volte disgustato dalla sala e non per l’odore, avevo già sentore di come sarebbe andata a finire questa volta.

L’alba dei film morti viventi

C’era davvero bisogno di tutto questo? Serviva davvero riesumare certi cadaveri? “Alien Covenant” era davvero così necessario? E “Balde Runner 2049”? Cosa dire de “Gli Incredibili 2”? Certi film stanno bene dove stanno, nel bene e nel male. Non continuare certe storie talvolta è un atto di amore ben più grande che portarle avanti, ma di questo parlerò in seguito.

Quello che è successo è stato disonesto dal mio punto di vista. Disonesto per le persone e per le storie che erano state scritte per finire in un certo modo da mani di scrittori e sceneggiatori sapienti. Disonesto perché fare perno sugli affetti e sui ricordi d’infanzia di persone, facendo in sostanza il gioco delle tre carte, vendendoci a scaglioni più volte la stessa saga non è per me moralmente corretto. Questo esempio è lampante se pensiamo alla saga di “Star Wars”, originaria degli anni 70/80, riesumata nei primi anni 2000 e continuata adesso con questa nuova trilogia molto discutibile. Qualcuno ne sentiva il bisogno? Dopo Jar Jar Binks molti probabilmente no.

Non sarebbe poi così grave se almeno i seguiti avessero storie decenti. “Gli Incredibili 2” non ha nulla da spartire con il primo film, rivelandosi dal mio punto di vista, un blob fumoso e privo di sostanza, il cui unico fine era accalappiare persone e legarle ad una sedia imbottita per qualche ora, senza presentare né innovazione, né il tipo di intrattenimento degno del primo film. Ma è un film per bambini no? Che cosa dovrebbe aspettarsi un adulto da un film così? Il punto è che non è così.


Gli Incredibili 2 (apro e chiudo una parentesi sul film in questo articolo, così da non doverne parlare in separata sede) veicola di fondo dei messaggi molto importanti, primo fra tutti il ruolo della donna come protagonista, portando però una trama di per sé inconsistente. Il controesempio che prendo è “Zootropolis”. Film di animazione che pur essendo indirizzato sempre ad un pubblico molto giovane riesce a stratificarsi, passando messaggi diversi in base allo spettatore. Vediamo infatti subito una storia simpatica, con animaletti pelosi, ottima per i più piccoli, un thriller con parecchie citazioni (una su tutte, quella a Breaking Bad) azzeccata per i teenager ed in fine, una tematica importante, come nel caso degli Incredibili 2, la centralità di una protagonista, forte ed indipendente, la lotta la diverso, l’uguaglianza fra tutti gli animali, predatori e prede di habitat differenti, argomenti che i più adulti e maturi non faranno fatica a scorgere e che sicuramente apprezzeranno.

Se lo scopo di “Civil War” era quello di portare la gente in sala solo ed esclusivamente per mostrare Captain America menare Iron Man ci sono riusciti. Se lo scopo de “Gli Incredibili 2” era quello di portare la gente in sala per mostrargli non so ben che cosa facendo perno sui “feels” allora ci sono riusciti.

Ma l’avidità delle case produttrici e degli studios non può tenere il paragone con quanto fatto sul piccolo schermo.

serie tv

Quando si parla di avarizia è qui che si deve guardare per capire quanto il nostro amore per una pellicola possa rivelarsi la nostra più grande debolezza.

A volte ritornano

E’ molto interessante a mio avviso osservare come, anche nelle serie TV, manchi quell’amore capace di spingere uno sceneggiatore a scrivere la parola “fine” sulla propria creatura prima che sia troppo tardi. Non è stato questo il caso di “Stranger Things”, di “Westworld” o “13 Reasons Why” per citarne solo alcuni.

La grande ingordigia si è spinta a creare finali, per le prime stagioni, belli e conclusivi, ma con uno spiraglio per agganciarsi ad un seguito nel caso il network decida di rinnovare la serie. Io sinceramente considero vero il detto “il gioco è bello finché dura poco”. Prendiamo per esempio un capolavoro indiscusso: “Friends”. NBC decise di chiudere la serie al suo decimo anniversario (1994-2004), con un finale capace di mettere la parola “fine” ad una storia che per quanto meravigliosa rischiava di tirare troppo la corda e di assomigliare troppo a Beautiful (che oramai sarà arrivata attorno agli 8000 episodi).

Ma è il profitto che traina tutto no? Stranger Things ha avuto ottimi apprezzamenti e le previsioni di profitto erano ottime nel caso di una seconda stagione. Stessa cosa con gli altri. Comprendo il “movente” economico del crimine, ma è l’arma del delitto che vorrei analizzare meglio: il finale.

THE END si scriveva alla fine, poco prima dei titoli di coda, lasciando allo spettatore qualche istante per gustarsi l’attimo. Saper scrivere quel “fine” è difficile e pesante, al contrario è scrivere “fine ma…”, lasciando in sospeso un qualcosa. Nel mondo del cinema, del grande schermo intendo, solitamente considerando il budget si prende quasi immediatamente la decisione di sviluppare una saga o un singolo film, in relazione ovviamente alla trama, se questa è ispirata da uno o più libri, dalla disponibilità del regista ecc. Per una serie TV questo processo è diverso. Si produce la prima stagione. Si mette in onda l’episodio pilota, si guarda lo share, le critiche e poi, forse, si manda in onda il resto degli episodi. Non c’è certezza. La televisione è diversa dal cinema e gli sceneggiatori lo sanno. Se il pilota supera la serata di debutto dietro le quinte si tira un sospiro di sollievo, fino al finale di stagione, culmine di ansia ed incertezza. Da lì poi si decide, nel bene quel finale dovrà essere la base per una nuova stagione, il famoso “fine ma…”, nel male invece, deve essere in grado di chiudere la serie. Un film non ha questi problemi, perché dopo due ore, nel bene o nel male, finisce e di rado è previsto un sequel nel breve periodo.

Quando è ora di scrivere allora la parola “fine” in maniera definitiva? In due casi: il primo, la serie non ha più successo ed il secondo, quando la trama lo richiede. Può avvenire presto o tardi, non c’è una regola fissa. “Westworld” sarebbe dovuta finire alla prima stagione, mentre “Friends”, essendo anche una sit-com, richiedeva tempi diversi. “Breaking Bad” ha saputo gestire molto bene i tempi (episodi “particolari” a parte), chiudendo la serie quando era giusto farlo, continuandola per certi versi, con “Better Call Saul”.

THE END

Anche questo anno è finito (o forse è già finito, non ho idea di quando pubblicherò questo articolo o di quando lo leggerete) e forse non nel migliore dei modi. E’ stato un anno difficile, con i suoi alti ed i suoi bassi, talvolta molto profondi, ma non per questo significa che sia privo di grandi insegnamenti. Dagli errori degli altri dobbiamo imparare, diventare critici e migliorare. Speriamo che il 2019 ci porti buoni giochi, film e serie da guardare e perché no… da discutere assieme.

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