Barbie

Margot Robbie e Ryan Gosling nella locandina del film.

Come per tutti i ragazzi, credo ci stia stata parecchia titubanza prima di accettare di andare al cinema con gli amici per vedere questo film. Crisi identitaria. Barbie è un film per ragazze, io non sono una ragazza, ergo questo film non fa per me. Sillogismi a parte, Barbie non è un film banale e leggero, anzi, non è nemmeno un film per bambini o ragazzine. Se preso sottogamba può apparire comico all’inizio e pesante alla fine, trascurando però quello che vi è in mezzo, ossia una guida, una sorta di supporto emotivo per tutte quelle persone, uomini e donne, che si sentono un po’ spaesati nella società odierna. C’è molta psicologia e, azzarderei a dire, un po’ di filosofia in questa pellicola firmata Greta Gerwin (già regista di “Piccole Donne” e attrice nel celebre “To Rome With Love” di Woody Allen).

Barbieland

Barbieland è un luogo fantastico, tutto rosa e di plastica. Plastica trasposizione dell’universo immaginato da chi gioca, dove non servono le scale per spostarsi da un piano all’altro, dove i tacchi sono la prassi, dove tutto funziona come nella fantasia di una ragazzina che gioca con le bambole. E’ un mondo dove Barbie (interpretata da Margot Robbie) vive la sua vita come “stereotipo perfetto”. E’ un mondo che ha le sue regole e che lo spettatore accetta in quanto tali. E poi c’è l’altro mondo, quello reale, volutamente esagerato e stereotipato per accentuare ancora di più le differenze fra i due mondi. Barbie compierà un viaggio fra questi due universi: un viaggio alla ricerca di sé stessa, mascherato con un Macguffin sotto forma di cellulite e Birkenstock.

C’è quindi uno scontro fra un mondo ideale, quasi iperuranico, ed uno terreno, sensibile, pieno di difetti etici e sociali. Platone avrebbe probabilmente apprezzato l’analogia, tenendoci però a sottolineare però anche un altro dettaglio: Barbie e Gloria (l’alter ego umana interpretata da America Ferrera) non sono altro che la stessa persona. Anima e Corpo, che trasmigrano dal mondo sensibile, quello reale, a quello ipersensibile, cioè Barbiland. Platone infatti sosteneva come solo l’anima (cioè la Barbie) potesse ambire alla perfezione, mentre il corpo terreno, pieno di difetti e fragilità (cioè Gloria), fosse relegato all’imperfezione e agli istinti primordiali. Già qui insomma vediamo un’opera di stesura della sceneggiatura non proprio banale per un film che in molti si aspettavano essere “per ragazzine”. Pur non apprezzando particolarmente il filosofo greco, non posso dire che tutto questo non abbia un suo certo fascino.

Barbie… e Ken

Di Barbie ce ne sono tante, tutte diverse, fatte per rappresentare al meglio la diversità delle bambine con cui ci giocano. Hanno delle case, dei lavori, delle automobili e una vita. E poi ci sono i Ken, il cui unico scopo è esistere in funzione di Barbie. Il film quindi pone l’accento su due questioni estremamente preminenti nella società odierna. La prima: “perché come donna non sono mai ‘abbastanza’?”; la seconda: “chi sono io come uomo oggi?”. Entrambi sono interrogativi etici e morali non affatto banali, la cui risposta si trova in parte nel film e in parte dentro di noi.

Sulla prima non penso di essere nella condizione di potermi esprimere. Credo che lo iato fra i due generi si possa colmare solo con un forte ed equo lavoro da entrambe le parti, e probabilmente già essere consapevoli della questione ed avere la sensibilità di reputarla prioritaria può essere un buon punto di partenza.

Sulla seconda spenderò qualche parola in più, non solo perché mi riguarda da vicino in quanto uomo, ma perché credo fermamente che sia il motivo per cui molti uomini dovrebbero andare a vedere questo film. La domanda a mio avviso può essere scissa in due minori interrogativi: qual è il ruolo dell’uomo in questa società e chi sono io in relazione a quello che mi circonda. Capire queste due parti forse ci avvicinerà alla risposta della domanda di partenza.

L’uomo oggi non è più (fortunatamente) quello degli anni Cinquanta, predatorio e sessista (se non purtroppo per qualche eccezione). Film come questo, e come tanti altri prima di lui, evidenziano, accentuando ed esagerando, quelli che sono i comportamenti inappropriati, sottolineando quello che un uomo oggi non deve più essere o fare. Molti film, serie tv, programmi televisivi, interviste e altro si concentrano proprio su questo aspetto, mancando però nel dare un’alternativa di comportamento. “Se non devo più fare questo, e sono d’accordo, allora che cos’è appropriato?” mi sono domandato. E’ ancora permesso avvicinarsi ad una ragazza e chiederle di uscire? E se magari inconsapevolmente sono anche io come uno di quegli uomini che sbava dietro alla protagonista quando passeggia per Los Angeles? Tanta ansia. Troppa. C’è stato un martellamento costante in questi ultimi decenni che ci ha fatto ben capire quanto siano orrendi e vergognosi certi comportamenti, ma senza tracciare una linea di confine netta. Oggi molti uomini, miei coetanei soprattutto ai quali personalmente mi aggiungo, si sentono un po’ smarriti alla ricerca di questo nuovo “accettabile modello” al quale fare riferimento. Un John Wayne che fischia dietro alle ragazze non va bene, un James Bond (soprattutto in quelli degli anni Sessanta) che praticamente le violenta (come ho anche scritto in questa recensione) è da escludere, quindi oggi chi ci resta? Leonard di “The Big Bang Theory”? Temo che un nuovo “archetipo” di uomo non si sia ancora ben definito, cosa che però penso avverrà nel futuro. Per ora credo che basti ascoltare quello che le donne ci dicono, eliminare quindi quei viscidi atteggiamenti non richiesti, essere più rispettosi e se sorge un dubbio, meglio fermarsi prima di andare oltre.

Mentre questa prima parte trova una risposta solo parziale nel film, la seconda invece è il fulcro del finale. Ken (interpretato da Ryan Gosling) si interroga su chi egli sia senza Barbie, visto che è “Barbie e Ken” e non c’è Ken senza Barbie. Mi sono trovato personalmente a riflettere su questo interrogativo qualche mese fa, giungendo alla stessa conclusione che viene suggerita da Barbie alla fine del film: tu sei tu e se non sai chi sei, scoprilo. Più facile a dirsi che a farsi. Spesso, in coppia come anche da soli, facciamo dipendere la nostra vita da qualcosa: che sia il partner, la famiglia, il lavoro, lo studio o altro. Noi siamo quella così lì ma la verità è che noi siamo noi, “a prescindere da” e non “in relazione a”. Ken è Ken perché se lui si fa male c’è Barbie infermiera che lo cura, o meglio, lui si può fare male solo se c’è Barbie infermiera. Ken non ha una casa, non si sa dove vada quando non è con Barbie perché la sua esistenza dipende dalle avventure di lei. Che interessi ha Ken? I cavalli? Andare in barca a vela? Sciare? Dipingere? Fare fotografie? Ken per tutto il film non se lo chiede, la sua unica risposta è “io sto con Barbie”, e solo quando capisce che deve e può dare una risposta a queste domande capisce che “io sono Ken!”. Io le mie risposte me le sono date: mi piace il cinema e parecchio, per questo mi chiamano vecchio, mi piace la storia e la filosofia, mi piace capire le cose e mi piace raccontarle. Ma non sono solo questo, sono molto, tanto tanto altro. E in molti però ancora non lo sanno: non hanno mai bucato questa bolla e non si sono mai fatti queste domande, e tradiscono loro stessi, cercando la propria identità nel riflesso di quella degli altri. Questo film, per la prima volta, vedo che prova a bucare questa bolla, prova a farlo per tutti gli uomini e donne che si fanno queste domande e non hanno ancora avuto l’occasione di darsi una risposta. Uscite, fatevi domande, esplorate, prendetevi il vostro tempo e datevi le risposte che meritate: è difficile ma ne vale la pena.

Ok ma quindi il film?

In conclusione, visto che l’ho già fatta lunga, mi è piaciuto, merita ed è più complesso di quel che appare dalla copertina. I primi quindici minuti sono estremamente leggeri e divertenti, la parte centrale è godibile e tiene viva l’attenzione mentre il finale è impegnativo ma un po’ troppo lungo. Gli ultimi venti minuti sono un po’ pesanti (e non per il messaggio che veicola, ma per il tono con cui viene veicolato) per un film che dura meno di due ore. Margot Robbie è perfetta per il ruolo, talmente perfetta che sembra esser nata per fare Barbie, sia come fisico che come interpretazione. Gosling il talento per ballare e cantare ce l’ha e l’ha dimostrato secondo me magistralmente in “La La Land”. Il resto del cast è un mix di attori e comici famosi, dalla McKinnon di SNL fino a quasi tutto il casti di “Sex Education”. Il film è pieno di riferimenti, da “2001 Odissea nello Spazio” alle “Bratz”. Gli stereotipi e le esagerazioni secondo me trovano un giusto spazio, soprattutto in chiave di satira e parodia, anche se magari provare a introdurre un personaggio maschile di rilievo e positivo (che non sia Alan) avrebbe aiutato, portando quel “modello” di riferimento che oggi servirebbe, come già ho scritto prima.

La scena in cui Barbie e Gloria si rendono conto di essere la stessa persona per me è potente, è un grande momento di auto-riflessione e consapevolezza, perché fa capire come la propria identità non dipenda da stereotipi o da aspettative (spesso estreme ed autoimposte). E’ per me centrale nel film e ne è forse anche l’anima principale. Allo stesso modo anche la conclusione, quando Ken capisce chi è e che ora può iniziare a conoscersi meglio, è un momento di forte ricerca di identità, di cui ho già palato prima, che spero sia di ispirazione a tante persone. Balletti e coreografie sono artisticamente ben realizzati anche se magari un finale dal ritmo più serrato e un’introduzione più lunga non mi sarebbe dispiaciuta. Le musiche sono più che azzeccate e la regia, per quanto non sia quella di Nolan o Chazelle, è assolutamente valida. Ora non dico che sia un film da Oscar, ma è uno di quei film che secondo me vale il biglietto.

8.25/10

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